A Roma non ci sarà la Roma. In finale di coppa Italia, all’Olimpico, tornerà, come un anno fa, l’Inter. Nel tentativo di bis dell’annata perfetta è l’unica copia "autenticata", ma Leonardo vivrà la prima vera finale della sua gestione. Iniziare a vincere sarebbe un buon presupposto per continuare e ripartire, l’anno prossimo. A Montella non riesce la rimonta, gli americani partiranno senza trofei né viaggi a Pechino, per la Supercoppa italiana. Se c’è qualcuno che merita un altro trofeo, nella stagione interista, quello è sicuramente Eto’o. Samu ha tirato la carretta con Benitez, ha guidato il tentativo di riscossa con Leonardo, si è presentato a questa gara con 33 gol segnati. Il 34° è quello che dà i suoi la finale di Roma, la finale di Coppa Italia, per un possibile triplete, seppur minimalista (Supercoppa Italiana, Mondiale per club, trofeo nazionale). Eto’o caccia la Roma lontana due gol dalla qualificazione: i giallorossi ne segneranno uno, per accendere (anche a livello di nervi) gli ultimi minuti di una gara iniziata col silenziatore. Primo tempo dai ritmi bassi, molto bassi, poche conclusioni verso i due portieri, squadre disciplinate e poco mobili. Manca sempre l’ultimo passaggio, anche perché nessuno "lo detta" con movimenti senza palla. In tutto il primo tempo si segnalano un tiro a lato di Eto’o e una conclusione da buona posizione di De Rossi, che non centra i pali. La ripresa parte con la stessa andatura da villaggio vacanze. Poi qualcosa cambia. Il gol che sveglia il match arriva al 13’ della ripresa: Kharja raccoglie una respinta corta della difesa, entra in area e crossa. Perrotta sfiora solo di petto, la palla arriva a Eto’o che trova il corridoio per infilare rasoterra di piatto destro sul secondo palo. Da lì in poi tocca ai disoccupati portieri, con interventi decisivi su Pazzini e Milito (Doni) e Borriello (Julio Cesar). Borriello, però, non si arrende, si avvicina al gol a un quarto d’ora dalla fine (doppio palo) e trova l’1-1 al 39’, con un colpo di testa su cross di Perrotta. Cinque minuti di bagarre, di cartellini e di tentati assalti. Non basta. L’Inter va in finale sfruttando il capolavoro di Stankovic dell’andata, gestendo e rischiando forse un po’ troppo. Non una gara memorabile, ma contava il risultato. Leonardo ripropone il 4-2-3-1, con interpreti "particolari": sulla stessa linea, dietro a Pazzini (preferito a Milito), ci sono infatti Eto’o, Kharja (sostituto degli infortunati Sneijder e Stankovic) ma anche il millenario Zanetti. Prima della gara celebrazioni per le mille partite ufficiali (fra club e nazionale) del capitano nerazzurro: traguardo incredibile, che avrebbe meritato forse una gara da subito più "viva". Le altre note positive sono la solita prova di Lucio e un movimento "alla Milito" di Milito, che ripropone in modo convincente la finta che fa cadere ogni difensore (poi è bravo Doni). La Roma esce per averci provato un po’ troppo tardi. Montella riabilita Menez, tenendo in panchina Vucinic: il francese si adatta presto al ritmo della partita, finendo col facilitare il compito di Lucio e della difesa in generale. Si fatica a occupare il campo avversario, si prova qualche lancio per Borriello, che però a lungo è anticipato o recuperato. Alla fine avrà più birra degli avversari, guidando l’assalto. Tardivo.
Articolo di Valeio Clari. Fonte www.gazzetta.it
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